Mesciulam Plinio

“Il dolore è come un gas: solo una gioia immensa può espandersi come un minimo dolore. La radice della gioia è nel dolore”

opere proposte

biografia

Plinio Mesciulam (Genova, 1926) è un artista, pittore e scultore italiano. Ha realizzato anche l’attività di performer.

Nel 1948 è presente all V Quadriennale di Roma nella sala degli astrattisti, assieme a Dorazio, Vedova, Munari, Soldati, Consagra.

Nel dopoguerra presta servizio come maestro elementare ma avendo tuttavia una forte vocazione alla pittura, partecipa ad alcuni movimenti artistici, tra cui il M.A.C., con personali e collettive a Milano e all’estero. Dal 1955 al 1963 prosegue inventando un magma materico granuloso che gli serve soprattutto a strutturare simboli religiosi. 1963 – cambiamento radicale, lavora su immagini mediali, tra pittura e fotografia, tessuti materici trasparenti, retini inventati, scomposizioni in lastre di vetro. 1973 – macroscopia del segno precario, volume edito da Rinaldo Rotta. 1986 – epifanie ostensibili, si afferma il principio di arte ostensoria. Le epifanie vengo presentate da Renato Barilli e Francesca Alinovi alla settimana internazionale della performance a Bologna. Sempre del 1986 è l’inizio dell’operazione Mohammed che porterà nel 1977 alla fondazione di Mohammed, centro di comunicazione ristretta, sistema di comunicazione che si diffonderà in gran parte del mondo e sarà definita da Pierre Restany “incunabolo di internet”, 1300 esemplari delle comunicazioni Mohammed sono conservati al Getty Museum di Los Angeles. L’operazione durerà fino al 1981, ma già verso la fine degli anni ’60 l’artista senta il bisogno di un ritorno allo spessore dell’opera in netta contraddizione col principio di riduzione dell’opera alla sua comunicazione, che era stato uno dei principi fondamentali di tutta l’operazione Mohammed. Così verso la fine degli anni ’70, comincia il periodo iperdecorativo che, con la sua strategia dell’eccesso è costretto a cannibalizzare Mohammed, allo scopo di rinnegare il suo utopico riduzionismo. Da questo travaglio nasce il concetto di pittura incontenibile, cioè un segno pittorico che non riesce a contenersi nei limiti prefissati, ma cerca ugualmente di strutturare la sua tracimazione, in questo sforzo di struttura le tracimazioni, sta la differenza con l’Informale. Per tutti gli anni Novanta lavora intensamente a varie operazioni, tra cui Ectolassie, Vertigini ed Ombre attraversate. Il 2000 inizia con l’album di famiglia esposto a Satura (le ombre dei familiari proiettate su piani diversi di mini architetture). Dal 2006 al 2008 produce 280 tavole autoindicate. Negli ultimi anni propone Carte Molle, Poverarte, Eterni Amori, documentati da un libro di De Ferrari editore.

critica

NEL SEGNO DELL’INCONTENIBILE

Incontenibile la pittura di Plinio Mesciulam (Genova, 1926), incontenibile la sua febbrile, geniale, operatività, incontenibile anche il suo temperamento, emotivamente mediterraneo, speculativamente mitteleuropeo, non meno incontenibili ne sono gli scarti semantici del linguaggio, a partire da quell’esordio, nel 1948, alla V Quadriennale di Roma con Dorazio, Vedova, Munari, Soldati, Consagra. Un artista genovese che, come la sua opera, ha vissuto e vive momenti di sfolgorante attenzione come di abissale solitudine. Appartiene al suo modo di essere e di operare la figura, oggi più che mai epocale, dell’ossimoro, che l’artista non manca di trascrivere dall’ordine retorico in quello stilistico e filosofico-letterario. Non c’è argine che tenga nella sua opera, dalla pittura alla fotografia, dalla scrittura all’oggetto ostensibile, portato, in prima istanza, in corteo al porticciolo di Boccadasse, a Genova, nel giorno dell’Epifania del 1976 e l’anno successivo alla Settimana della Performance a Bologna.

Segnati dall’eccesso, intensi, inusuali, sono anche i titoli dei suoi lavori e dei sui cicli, come Trionfi, Iperdecorativismo, Sovraespressionismo, Prigioni, Lande Urbane, Emblegrammi, Ghost Art, Essentiae, Ectolassie, Horrores, Inestrici, Cartemolle, Poverarte, Eterni Amori. La sua Weltanschauung non cessa di riflettere gli estremi costruttivi e distruttivi dei grandi sentimenti, delle passioni laceranti, che intridono la sua opera, sempre in tensione tra una Lebenstanz ed una Todestanz. Interagiscono, da sempre, nel suo lavoro, drammatizzandosi ed azzerandosi, le categorie espressive di astratto e figurativo, di bidimensionale e dislivello strutturale, di pittura e materiali extrapittorici (emblematiche sono le sue caffettiere moka), di rigore euclideo e stiramento anamorfico, di sintesi gestuale e dispendio batailleano. Tra le forme che inventa ed investe di valenza simbolica c’è la goccia, di un pianto ora sommesso ora deflagrato, la particella monodica multicromatica, disseminata sulla tela in perle di luce rifrante, la finestra come mutante, che si articola e disarticola, in tutto il corso del suo lavoro, in corpo dolente e fulgente, umano e mistico, con un rimando alla figura del mite teologo tedesco Jakob Böhme, maestro calzolaio che, nell’oscurità della sua bottega, attinge alla luce della conoscenza leggendo il filosofo renano medievale Meister Eckhart. Esorbitante sempre a livello di specifico linguistico, di categoria estetica, di dimensione, lo è anche sul piano numerico relativamente ad ogni serie di opere. A questo proposito, raggiunge le duecentottanta nel ciclo delle Tavole autoindicate (2005-2008) rinviante alle Firme dei maestri (1974). La protensione del suo linguaggio, materiale e immateriale, sul bordo del vuoto, si alimenta alla sua architettura immaginativa, alla sua resistenza e tenuta contro le cadute di energia: nell’arte – afferma Plinio – c’è la tensione presente nella preghiera. Cultore dell’iconografia, è consapevole come pochi, sul terreno della storia dell’estetica sacra e profana, degli scarti che la separano dall’iconodulia e dall’iconolatria. Frequenta in parallelo il topos del gelo e delle ombre nelle sue Lande Urbane, nei suoi Ritratti di familiari, amici, attori, modelle, e quello del fuoco nel suo Sovraespressionismo, nel suo inimitabile Chateau Café, opera monumentale altamente apprezzata da Ettore Sottsass nella mostra Me Design Le Forme del Mediterraneo, a cura di Benedetta Spadolini e Carlo Vannicola, progettata per Genova Capitale europea della Cultura, 2004. Plinio Mesciulam è tra gli artisti internazionali che più lucidamente hanno approfondito le rispondenze tra il segno scritturale e l’immagine, contestualizzandoli e deconstestualizzandoli, facendone interagire le proprietà visive, comunicative, metacomunicative, strutturandole e destrutturandole. La scrittura corsiva e quotidiana, l’appunto, la lista o il conto della spesa diventano pretesto per un’indagine fotografica del dettaglio con l’esito della messa in opera del rilevante ciclo intitolato Macroscopia del Segno Precario, ampiamente documentato dalla pubblicazione omonima, Rinaldo Rotta editore, nel 1973. Un’operazione concettuale di cui parlerà con interesse il mondo dell’arte, apprezzata anche dal critico Achille Bonito Oliva, sarà, nel 1976, Il Sistema Mohammed, nome pirata di Plinio Mesciulam, ideato come Centro di Comunicazione Ristretta, basato sull’invio intercontinentale, tramite la rete postale pubblica, di un’opera d’arte moltiplicata, mediante fotocopia a colori, per il numero dei dodici destinatari e personalizzata da una particolare segnaletica a stelline, che attivava, di soggetto in soggetto, di spedizione in spedizione, il ribaltamento della copia in originale; la matrice, in tal modo, veniva deprivata del suo valore di unicità. Depositario dei 1.300 esemplari spediti sarà il J. Paul Getti Museum di Los Angeles, capolavoro dell’architetto Richard Meier. A partire da Walter Benjamin, che aveva sottratto l’opera d’artete al culto sacrale dell’originale, Plinio Mesciulam sostituisce al protagonismo dell’opera il momento meta-comunicativo della copia. Da qualche tempo Plinio è impegnato nelle sue Cartemolle, ulteriore sfida dell’artista alla materia e alla forma del suo far arte. Dal legno e dal telaio è passato ad agglomerati di carte e giornali pressati ed avvolti in metri di bande adesive trasparenti, luminose, la cui proprietà, confida l’artista, con uno sguardo di fuoco che cerca la complicità dell’interlocutore, ben si esprime nel termine resilienza, un termine etimologicamente latino che significa elasticità, flessibilità, capacità di adattamento, sia comportamentale che organico, a condizioni problematiche se non avverse, termine a cui ricorre metaforicamente – osserva l’artista – perfino Barack Obama per definire la tenuta del popolo americano. Un ciclo quello delle Cartemolle che viene documentato storicamente dalla pubblicazione De Ferrari editore, 2013, e che si presenta accompagnato dalle definizioni di Poverarte, riferibili a materiali extrapittorici, concettualmente lontani anni luce, pur se brillanti, dalle incrostazioni di diamanti di Damien Hirst, e di Eterno Amore, riferibilisia formalmente che psicologicamente alle disarticolazioni strutturali e figurali di perduranti relazioni di coppia, tenute insieme, spesso, anche nella dinamica erotica, da doppi legami (double bind, nella terminologia dell’antropologo e pensatore Gregory Bateson). Si tratta di un ciclo di opere che declina, in ogni pensabile accezione, nelle infinite modalità di relazione formale, il rapporto di approccio o di affondo, di attrazione o repulsione, di aggressività o di dolcezza, di protensione o di attesa, di due soggetti costituenti una coppia, rendendo così esplicita la metafora della lotta tra il bene ed il male, tra l’amore e la resistenza versoDio, verso la Verità. Nei grovigli avviluppati di questi Eterni Amori, negli enchevêtrement di queste finestre antropomorfe, si possono in qualche modo ritrovare – confida lo stesso Plinio, sempre attento ai nuovi linguaggi – le espressioni emotive di quel codice di segni, usato in Internet nei messaggi Chat e negli SMS dei telefoni cellulari, conosciuto come Emoticon (da emotional e icon) che riproduce, in modo grafico stilizzato, espressioni facciali come il sorriso, il pianto, il broncio, la linguaccia. Sfilano, anche romanticamente, nell’illuminata regia di un video di Marco Gargani, di produzione recente, che passa in rassegna i vari periodi delle sue opere, i profili collinari del paesaggio ligure, un paesaggio sempre vivo nell’immaginario dell’artista, per averlo attraversato, scalato, vissuto nelle sue escursioni e nelle sue arrampicate, introiettato nei picchi della sua pittura, dei suoi dislivelli architettonico-strutturali. Riconoscendo a pieno titolo a Plinio Mesciulam la portata delle sue innovazionilinguistiche, dei suoi passaggi da una figuratività sacrale ad un’astrazione simbolica, da un‘immagine ad elementi verbo-scritturali, da una superficie piana ad una vertigine spaziale, da un’emozione, un‘idea, un pensiero, alla sua trascrizione formale, sembra tuttavia di poter ritrovare nella sua figura d’artista, attivo da oltre mezzo secolo, l’emblematico esponente di un Kunstwollen epocale, attraversato da grandi intuizioni e scoperte, ma anche da profonde contraddizioni e inquietudini. L’arte oggi – conclude non senza una punta di amarezza – è considerata da troppi come un pacchetto di azioni.

Viana Conti