Moggia Carlo

Carlo Moggia

opere proposte

biografia/esposizioni

Seguo con attenzione scoperte e sperimentazioni nella tecnologia e nelle scienze e il loro significato sul piano individuale, collettivo, estetico e creativo – con un particolare interesse alla fisica.

Ho sempre sondato le varie possibilità che un materiale o un tema possono offrire; ne sono derivate serie di opere su tela, video, sculture e installazioni per le quali utilizzo materiali vari come polypan, plexiglass, tela di lycra, tubi in pvc…

Come freelance ho collaborato a campagne pubblicitarie con layout, storyboard, definitivi (Peugeot Talbot, Samsung, Lancome… ) ; a giornali e periodici con illustrazioni, strip, fumetti (Lancio Story, Alter Linus e L’uno di Oreste Del Buono, Heavy Metal…)

Ho tenuto mostre personali e partecipato a collettive.

Nel 2011 sono stato invitato alla 54° Biennale di Venezia—Regione Liguria e alla Biennale di Venezia a Torino – Lo stato dell’arte (esposizione nazionale in Sala Nervi nel 150° dell’Unità d’Italia).

Nel 2012 il museo di Palazzo Collicola a Spoleto ha ‘riassunto’ il mio lavoro in ‘ICON attrazioni fatali tra immagin(ar)i e nuove tecnologie’ e sono stato invitato a ‘Spoleto + 50’ nel cinquantenario dell’evento ‘Sculture nella città’ (1962).

Nel 2014 un’installazione è stata acquisita nella ‘Collezione 2.0’ del Museo.

-Carlo Moggia

critica

rilevatori

“Rivelatore” è l’apparato che rende visibili le tracce delle particelle negli accelleratori.

Moggia cerca di far intravedere il possibile collegamento tra ciò che si va scoprendo o ipotizzando nella fisica e talune dinamiche umane nel rapporto tra unità e insieme. Il fondo prevalentemente scuro e uniforme richiama appunto le lastre nucleari su cui vengono visualizzate le “particelle-uomo” con i loro segni, i loro gesti, il loro collocarsi in uno spazio anche interiore ma ponendosi sempre al di là di attribuzioni morali e simboliche per cogliere possibili sintesi e unità di fondo.

nei Rivelatori di Moggia abbiamo dunque: una certa materia (l’insieme dei corpi), una certa forma (la struttura che si rivela solo dal momento in cui viene incarnata dalla molteplicità dei corpi), un sistema di forze (che è causa della struttura e che non si rivela se non nel darsi della struttura stessa). Il tutto stagliato su uno sfondo nero. È quest’ultimo che assume, all’interno dell’opera, il ruolo secondo di rivelatore. L’opera come soggetto d’enunciazione o di rivelazione, il nero come soggetto dell’enunciato o del rivelato. Il nero sembra abbia una duplice funzione: da un lato, in generale, assorbe ogni elemento che non sia implicato nella rivelazione, cancella il rumore affinché l’informazione emerga nella sua purezza (forse non dissimile, in questo, dal bianco-vuoto della pittura cinese); dall’altro, più precisamente, annulla ogni profondità consentendo alla molteplicità strutturata di evitare l’illusione prospettica.

I corpi che compongono la rivelazione sono, per lo più, tutti uguali e si presentano in massa. Sono tutti corpi umani che, in quanto tali, conservano la differenza sessuale. Talvolta sono vestiti. Ogni corpo, tuttavia, ha un movimento suo proprio, che sembra dettato più dalla posizione che occupa nella molteplicità, e dunque dalla forza locale che lo trascina, che non da un’esigenza spontanea. Si potrebbe dire che l’equilibrio della forma rivelata è la risultante di una serie di disequilibri, oppure che le forze che danno luogo a quella forma provocano un disequilibrio delle parti, come accade ad un campo di grano sotto le sferzate del vento.

La ripetizione seriale quasi-fotografica suggerirebbe l’idea di un unico elemento fissato in istanti successivi, anziché l’immagine di una molteplicità di elementi identici disposti nello spazio, in un unico istante

In un universo nel quale il tempo e lo spazio non sono più forme indipendenti, ma intrinsecamente correlate, la distinzione tra un solo elemento che si ripete in istanti successivi e una pluralità di elementi identici che si danno l’uno dopo l’altro è una distinzione che può darsi solo su un terreno funzionale, in base alle nostre esigenze pragmatiche, ma senza più alcuna portata ontologica (come spiegava già Erwin Schrödinger, le particelle elementari non possono essere comprese come entità individuali).

i problemi di identità e ripetizione sono centrali in queste opere di Moggia, nelle quali l’elemento individuale appare reso sempre già indeterminato non solo dal suo essere parte costitutiva di una struttura, ma da fatto che a costituire ogni parte della medesima forma sono elementi della stessa natura.

La vita di quei corpi medi e ordinari che abitano la terra sta nel mezzo, tra il microcosmo e il macrocosmo, tra le particelle elementari e lo spazio siderale, ammassata come sul bordo di un vuoto infinito.

-Paolo Godani